Scuola e allenamenti?
Come sradicare i luoghi comuni

scuola e sport

«Voti bassi? Allora niente allenamenti». La punizione è semplice, vecchia come il mondo. Con quali risultati? Non sempre positivi, anzi. E talvolta capita che la scelta di uno o più genitori, presa magari dopo gli scrutini di metà quadrimestre, colpisca indirettamente tutti gli atleti di una squadra, costretti a rinunciare all'apporto di alcuni compagni nel momento più delicato della stagione.

Vai male a scuola? Niente allenamenti

Come insegnano i college che offrono borse di studio sportive, alla base dell'attività fisica ci deve essere il massimo impegno sui libri. La premessa necessaria è che questo principio non è in discussione. Perciò fanno bene molte società sportive a chiedere ai loro atleti di mantenere la sufficienza per conservare il posto in squadra. Quando le cose vanno male, però, spesso i genitori scelgono come punizione – unilaterale – quella di togliere l'attività sportiva ai ragazzi, quasi come fosse la tv o un videogioco. Ma è la decisione più corretta e utile?

Punire sì, ma nel modo giusto

Limitare l'attività sportiva come riflesso di uno scarso rendimento scolastico aumenta la frustrazione dei ragazzi, togliendo stimoli e valvole di sfogo fondamentali, soprattutto nei preadolescenti. Canalizzare energie e pulsioni in modo corretto, infatti, è più importante della punizione in sé. Se un giovane uomo o una giovane donna ha piacere di impegnarsi in qualcosa che gli piace – lo sport appunto – sarà più facile per lui o per lei trasferire questo spirito di sacrificio anche nel resto della sua giornata, studio compreso.

Lo sport impegna tanto tempo, è vero. Ma se un ragazzo non ha voglia di studiare, non lo farà di certo se sarà forzato a passare più tempo in casa invece di sfogarsi. Tanti grandi atleti dimostrano che coniugare la fatica in campo e il sudore sui libri è possibile. Leggete per esempio qual è la giornata di Nicolò Martinenghi, promessa delle vasche azzurre (da un'intervista all' Huffington Post del dicembre 2017):

«Mi alleno tre volte a settimana, durante l'anno alle 8 di mattina prima di andare a scuola e subito dopo la scuola torno direttamente in piscina fino al tardo pomeriggio. Dopo faccio un po' di palestra»

Collaborare con le famiglie

L'importante, dunque, è mantenere lo spirito di collaborazione con le famiglie, cercando la soluzione migliore per risolvere la situazione. Una soluzione, suggerita dalla psicologa Isabella Gasperini , può essere quella di consentire la partecipazione agli allenamenti, ma di chiedere agli allenatori di non convocare i ragazzi dallo scarso rendimento scolastico, i quali saranno però invitati ad assistere alle partite dei compagni. Manterranno l'impegno e la presenza nel gruppo, prendendo coscienza di quello che perdono a causa dei brutti voti. Tornare a divertirsi con i propri compagni sarà uno stimolo più forte di qualsiasi punizione.

È importante spiegare questi concetti ai genitori dei propri tesserati per garantire lo sviluppo corretto degli atleti e il loro rapporto con i compagni, che rischiano di accumulare rancore verso chi non è in campo a dare una mano perché non si è impegnato a scuola. Favorendo lo spirito di gruppo e lo stimolo dei pari, anche il meno brillante dei ragazzi si sentirà motivato a dare di più. In campo, a scuola. E, più importante di tutto, nella vita.

 

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